Vorrei parlarti di prezzi e del livello giusto per far felici i tuoi clienti con una ricerca bomba del mondo neuromarketing prendendo come spunto cosa comporterà l’apertura di Starbucks in Italia ovvero il grande tema del prodotto premium price: un prodotto che offre qualcosa in più in cambio di qualche euro in più.
Starbucks porta la mentalità premium price al massimo dell’efficacia in un settore che non ha mai esplorato questa tipologia di offerta.
I caffè in Italia sono bloccati ai prezzi intorno all’euro e, anche nei punti vendita con prezzi “premium” come nel travel retail, la qualità premium tarda ad arrivare come gli autobus a Roma.
Il consumatore è ormai abituato a sorbirsi la miscela decisa dal gestore (piccolo o grande che sia) o al massimo a sentirti fare una offerta di upselling del caffè premium che può essere 100% arabica o altra diavoleria poco comprensibile ai clienti.
Il risultato è davanti agli occhi di tutti: caffè che sa di bruciato nella maggior parte dei bar e aumento delle dimensioni delle bustine di zucchero a coprire il sapore.
Per questo Starbucks, al netto dei discorsi sdegnati del tipico provincialismo italiano che dice che siamo stati noi ad inventare l’espresso, offre a mio parere una rivoluzione che contagerà (spero presto) gli altri player del mercato a pena di sparire.
Offre la possibilità di avere le spalle coperte, di non dover pensare. Offre, in poche parole, la certezza che un esperto stia lavorando al posto nostro per offrirci una pausa di qualità composta di un buon caffè, di un tavolino disponibile e pulito, di un wi-fi che funziona, di un bagno decente e di una presa per ricaricare il telefono. Poi molte cose che il cliente non vede ma che apprezza inconsciamente come il confort acustico (ci sarebbe da fare un articolo solo su questo per il caos dei bar italiani dettato da una scarsa valutazione dell’impatto sul confort del rumore) e il confort termico.
Cosa vuole in cambio di tutto questo Starbucks? 1,80 per un espresso (tra il 60% e il 100% in più del bar sotto casa) ma contestualmente ci offre la possibilità di spendere 6 euro per una vellutata di caffè lavorata con l’azoto liquido o 4 euro per una bevanda estratta a freddo e, chiaramente, molto altro da provare ogni giorno.
Cosa possiamo imparare noi da Starbucks
Prima di tutto di non aver paura di proporre qualcosa di esclusivo (quasi due euro per un espresso e 2,2 euro per un cornetto è forte come proposta) perché oltre a permetterti di offrire qualità, ti aiuta a selezionare i clienti esigenti e, a questi, proporre scelte ultra premium.
Ma soprattutto insegna che in ogni mercato ci sono clienti che vogliono delegare a noi la scelta di cosa è meglio perché si fidano.
E cosa sono i tuoi addetti alla vendita se non questo? Un brand ambassador che dice “stia tranquilla, questo è il prodotto che fa per lei e mi creda per essere perfetto ha bisogno di questo accessorio, oppure questa versione, oppure questo abbonamento”.
Dire al cliente che siamo lì per servirlo meglio e che solo se lui sarà soddisfatto noi saremo soddisfatti del nostro lavoro è un modo per farli percepire il valore dei servizi e dei prodotti premium price.
Ma non c’è solo questo, il premium price come mentalità porta felicità
E non lo dico io lo dice la ricerca, il neuromarketing.
Nel 2008 l’Accademia di Scienze degli Statu Uniti, ha fatto assaggiare una serie di vini mentre gli assaggiatori erano inseriti in una macchina per la risonanza magnetica che serviva a misurare le loro emozioni.
Durante l’assaggio i partecipanti venivano informati dei prezzi delle bottiglie. I prezzi variavano da 5 dollari a 90 dollari a bottiglia.
Al crescere del prezzo comunicato, cresceva la piacevolezza dell’esperienza.
I partecipanti dicevano che i vini più costosi erano più buoni ma anche il loro cervello confermava le sensazioni, mostrando picchi più elevati nelle regioni associate al piacere.
Chiaro che è una cosa risaputa, quello che costa di più spesso è più buono, ma in questo caso i partecipanti che stavano assaggiando sempre lo stesso vino.
In questo modo i ricercatori erano sicuri che l’unica variabile era il prezzo e non la qualità.
Quindi per prima cosa il consumatore subisce positivamente il prezzo di un bene ma, soprattutto, in molte occasioni è il prezzo stesso a dare felicità al cliente.
Potrai immaginare che, se mettessi una squadra di intervistatori fuori Starbucks, e chiedessi loro come hanno trovato il loro caffè all’azoto liquido ti direbbero qualcosa che il loro cervello associa alla qualità del prodotto ma anche al costo.
Quindi se non puoi nel breve aumentare la qualità dei prodotti ma vuoi aumentare la soddisfazione dei clienti devi aumentare i prezzi offrendo prodotti premium, esclusivi con una assistenza diversa e una consulenza unica.
Se fosse così facile lo farebbero tutti starai pensando.
È vero non è facile ma puoi fare in modo che i tuoi punti vendita, il tuo personale, i tuoi materiali di marketing trasudino premium price attraverso negozi belli e puliti, commessi vestiti bene e curati, attenti e una mentalità da prodotto esclusivo, un’attenzione maniacale ai clienti.
I tuoi addetti alla vendita devono sentirsi un po’ premium, magari con un corso di formazione ad hoc sarà più facile ma il successo è assicurato.
Vuoi sapere come ci riesce Starbucks? Semplice: spiegando a tutti i dipendenti come funziona il loro mondo, con la formazione.
Nel 2018 Starbucks ha chiuso i suoi 8.000 negozi per un pomeriggio per fare formazione, facendo questo ha perso 12 milioni di dollari per formare i dipendenti dei negozi sulla diversità e su come rendere più vivibile il punto vendita migliorando l’approccio.
Un po’ differente dal tipico budget italiano della formazione con i fondi interprofessionali con il 90% delle spese sulla formazione obbligatoria sulla sicurezza e se avanza qualcosa “mettici un po’ di quella roba soft e hard skill”. Vero?
Tra l’altro il loro CEO dichiara che “non è una spesa ma che servirà al personale a pensare a sé stessi come architetti e ingegneri del clima e della cultura del punto vendita”.
Cioè vogliono dire che si aspettano dal loro personale che si faccia promotore dell’esperienza, del ricordo e dell’immaterialità che stare in uno Starbucks comporta (voglio aggiungere che senza immaterialità sarebbe molto difficile vendere un caffè 5 dollari).
Tutto questo per dirti che la front line è un punto di contatto della customer journey dei loro clienti e che, forse, è l’unico punto di cui non hanno pienamente il controllo ed è un punto fondamentale su cui lavorare per poter vendere i prodotti premium price.
Provo a disegnare in maniera stringata i punti di contatto del cliente con il mondo Starbucks per spiegare meglio questo concetto: il cliente, durante la visita ai punti vendita “tocca”:
- Il negozio dall’esterno;
- Il negozio dall’interno con il suo clima, gli odori e le sensazioni che lascia;
- Il caffè con il gusto unico e l’aroma;
- Il personale.
Immagino che sui primi tre punti di contatto ci siano studi che permettano di rendere il negozio e il caffè unico e clusterizzato sui clienti.
Come puoi vedere l’unico punto di contatto che aiuta a farti sentire parte di qualcosa di premium, ma non è sotto controllo totale da parte del brand, è il personale con l’interazione con il cliente che rappresenta almeno il 70% dell’esperienza.
Se vieni trattato in maniera sbrigativa, se il tuo nome sulla tazza è sempre sbagliato, se non ti guardano mentre ti danno il tuo caffè il ricordo sarà di un fast food con del buon cibo ma poco premium.
Starbucks ha 175.000 dipendenti e tutti parteciperanno a questo corso proprio perché il personale è un punto di contatto che ha necessità di essere migliorato e controllato per far diventare ogni Starbucks store “più accogliente per ogni individuo” (ad esempio bagno e tavolini sono disponibili anche per i non clienti).
Che succederà agli altri bar?
Se non faranno nulla e continueranno a propinare il caffè bruciato con le miscele del Vietnam saranno l’alternativa cheap al leader di mercato (Starbucks) ma anche a proposte alternative come Nespresso (il cui costo della sola capsula è arrivato a 60 centesimi quasi come il costo del bar che ci deve mettere anche il servizio, la tazzina e l’elettricità).
Nel marketing attuale c’è sempre un leader e un mare di piccoli che soffrono. D’altronde il detto che diceva sempre mio nonno “compra il meglio e piangi una sola volta” dice proprio quello che conferma la ricerca e l’avvento di Starbucks: prodotti e servizi con feeling premium oppure tanta fatica per scarsi risultati.
Se vuoi approfondire la ricerca la trovi qui http://www.pnas.org/content/105/3/1050